BAGNOLO SAN VITO - Il Consorzio impiega 70mila metri cubi di terra. Investiti oltre 300mila euro stanziati dalla Regione e da 14 aziende agricole.
Nuova vita per duecento ettari di golena a Bagnolo San Vito. Sono stati infatti ricostruiti gli argini con un intervento realizzato dal Consorzio di bonifica Territori del Mincio e finanziato da Regione Lombardia e privati. «C'è una fetta d'Italia che ha due vite, sopra e sotto l'acqua si legge in una nota del Consorzio di bonifica Territori del Mincio è la golena, quel territorio al limitare del grande fiume, una sorta di cassa d'espansione d'emergenza, che, in occasione delle piene, è destinata ad essere allagata per scongiurare pericolosi allagamenti oltre il grande argine».
Nel Mantovano, a Bagnolo San Vito, gli argini per allagare volutamente duecento ettari di golena sono stati rotti, nell'ultimo trentennio, nel 1994, nel 2000, nel 2002 e l'ultima volta con la piena del novembre 2014. Le terre agricole coltivate in questa fascia da allora sono state sottoposte all'incombere del Po e al suo incessante deposito di limo.
«Il Consorzio di bonifica Territori del Mincio - spiega la presidente Elide Stancari - si è attivato per restituire, alle quattordici aziende agricole interessate, la disponibilità degli appezzamenti da loro coltivati. Si tratta di un progetto coperto con fondi regionali, per 120mila euro, e con fondi degli stessi privati, per ulteriori 187mila euro. Il nostro Consorzio ha seguito la progettazione e la direzione lavori di questa opera di una certa complessità». Complessivamente l’investimento per la ricostruzione degli argini è stato di 307mila euro.
«Un intervento - spiega il direttore del Consorzio di bonifica Massimo Galli - che ha impiegato 70mila metri cubi di terra e anche una buona capacità realizzativa, tecnicamente affidata a una ditta locale. Il Consorzio ha altresì anticipato le somme per la realizzazione delle opere». La golena rimane tuttora uno spazio con un habitat unico dove, dopo la sua inondazione, le rotazioni agrarie tornano a caratterizzare i terreni che, comunque, restano a disposizione come invaso di emergenza.
